lunedì 3 novembre 2008

2008-TIBET"La dignità di un popolo"






Salviamo il Tibet dall`orrore cinese. L`intervento del direttore di MediaComunicazioni Adolfo Leoni all`incontro



“La dignità di un popolo”




Il problema è la memoria. E il coraggio.Ve lo ricordate lo studente cinese di Piazza Tianammen?Era il tre giugno 1989. Un giovane, con due sacchetti di plastica in mano, ferma una colonna di corazzati cinesi. Sono i carri amati che nella successiva notte uccideranno centinaia di ragazzi scesi in piazza per protestare contro la dittatura comunista.Che ricordo ne rimane in Occidente? Quasi nulla.Come quasi nulla sta passando della repressione cinese in Tibet.Tre mesi fa, giornali, radio e tv, hanno dato le prime pagine alle proteste dei monaci e della popolazione. Poi, quasi più niente. Bisogna cercare a fondo. Al di là dei canali tradizionali. Ma anche internet occulta. Google avrebbe censurato alcune foto provenienti da un altro paese caldo, la Birmania.Impazza invece un ritornello, pomposo, rimbalza in Oriente e Occidente.“La Cina è pronta” per le Olimpiadi, Pechino è pronta, il Partito Comunista è pronto, le multinazionali sono pronte. Le Olimpiadi, soprattutto, sono pronte.Per il resto, la parola d`ordine è: dimenticare e normalizzare. L`hanno imposta i vertici cinesi, l`hanno accettata molti occidentali, l`hanno applicata molti mass media.Nei giorni scorsi ho realizzato un`intervista con il direttore di Asianews, Bernardo Cervellera. Vi dico brevemente quello che mi ha raccontato.Dice Cervellera: la Cina ordina di dimenticare e normalizzare la situazione tibetana dove, da 50 anni, il tallone cinese schiaccia un popolo, compiendo un vero e proprio genocidio etnico e culturale.Oltre duemila monasteri sono stati abbattuti, nelle scuole si studia e si apprende il mandarino, c`è la proibizione di studiare invece la lingua e la religione tibetana prima dei 18 anni. Una politica di sradicamento, insomma. I giovani che vogliono diventare monaci devono accettare le direttive e la politica religiosa della Cina in Tibet. Nel 1995 è stata lanciata una campagna di controllo del buddismo in Tibet. Prevede il divieto di costruzione di nuovi templi, il blocco delle nuove vocazioni, l`espulsione di Lama dai monasteri troppo numerosi, la promozione dei monaci patriottici, filo cinesi.In Tibet – secondo la rivista Area - operano 24 campi laogai dove i tibetani vengono detenuti, costretti ai lavori forzati e spesso uccisi.Torniamo ad Asianews. Il Tibet interessa la Cina per le sue enormi ricchezze economiche.1000 ricercatori geologici, suddivisi in 24 gruppi, hanno esaminato l`altopiano tra il Qinghai e il Tibet e hanno trovato 16 grandi depositi di rame, ferro, piombo, zinco e altri materiali per una valore stimato di 128 miliardi di dollari. E resta da esaminare la metà dei 2,6milioni di Kmq della regione. In una zona di confine è apparsa una scritta: “Noi moriamo affinché il nostro popolo possa vivere”. E` simile a quella che avevano scritto decenni prima i lituani che volevano la libertà dall`Unione Sovietica.Nel 1991 ho avuto la fortuna di incontrare in modo ravvicinato il Dalai Lama a Rimini, in occasione del Meeting per l`Amicizia tra i Popoli. Nel 1988 avevo visto la mostra del dr Cardelli con le 108 foto esposte. Nella conferenza stampa che il Dalai Lama fece prima dell`incontro pubblico, mi colpirono alcune frasi di quest`uomo che la Cina descrive quasi come un criminale assetato di sangue. Disse il Dalai Lama: “Tutti noi, tutti gli esseri umani desiderano essere felici e desiderano cessare di soffrire...Tutto il progresso tecnologico e scientifico ha avuto come scopo esattamente questo, alleviare la sofferenza dell`uomo, cercare di dare una certa felicità...Però evidentemente non è stato sufficiente visto che tutti quanti si rendono conto che non ha portato a quei risultati che in effetti ci si aspettava, perché il progresso scientifico, il progresso solo delle cose all`esterno, al di fuori di noi, non è sufficiente di per se stesso a ovviare a quelli che sono i problemi di base dell`uomo. Bisogna guardare altrove, ad altre cose...Alla base di questo progresso interiore sta il buon cuore... Dal momento in cui le nostre azioni sono motivate da questo buon cuore, provocano la felicità”. Cosa vuole oggi il Dalai Lama per il suo Tibet? Una regione autonoma, una terra della pace, della preghiera, della felicità. Una terra del buon cuore. Che risposta ha avuto? La repressione feroce e la dimenticanza. E questo non è possibile. Non è giusto. Non è umano!Grazie all`Associazione Il Bianco che ha promosso questa coraggiosa serata, per non dimenticare. (Adolfo Leoni)

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